500 anni di Palazzo Te a Mantova

Palazzo Te: iniziano le celebrazioni del Cinquecentenario con la mostra Dal caos al cosmo. Metamorfosi a Palazzo Te

Articolo pubblicato il giorno: 28 Marzo 2025


Hanno ufficialmente inizio le celebrazioni del Cinquecentenario di Palazzo Te, luogo di meraviglia, fiore all’occhiello della città di Mantova, nato dal genio di Giulio Romano e dall’ascesa di Federico II Gonzaga. Un Palazzo-Wunderkammer in cui si intrecciano l’omaggio all’Antico e il rispetto per i Gonzaga, tra riferimenti letterarie mitologici che hanno dato vita a opere mozzafiato: la camera con la Favola di Amore e Psiche e quella con la Caduta dei Giganti.

Gli interventi voluti dalla Fondazione partono da dove fisicamente inizia il percorso di visita del museo, le sale introduttive, riallestite in modo da accogliere il visitatore con un racconto coinvolgente sulla Mantova cinquecentesca e sul clima culturale e politico in cui Federico II Gonzaga e Giulio Romano diedero forma al progetto di Palazzo Te. La straordinarietà del palazzo si presenta infatti come un unicum nella storia delle committenze gonzaghesche e delle realizzazioni di Giulio: iniziato nel 1525 e concluso nel 1535, luogo di corte, intimità e festa, il Te ospita due volte l’imperatore Carlo V. La sua architettura, intercalata a pittura e letteratura, disegna un luogo in cui le drammatiche trasformazioni politiche del tempo si rispecchiano in un’agenda umanistica e politica.

UNA NUOVA MOSTRA

Dal 29 marzo al 29 giugno 2025, il percorso si arricchisce con la mostra Dal caos al cosmo. Metamorfosi a Palazzo Te a cura di Claudia Cieri Via, ideata in dialogo con gli affreschi del palazzo per riscoprire il senso e l’importanza di questo luogo come opera d’arte totale.

Un percorso di visita rinnovato dalla presenza di una selezione di capolavori del Rinascimento provenienti dalle collezioni del Museo del Louvre, dell’Albertina di Vienna, dal Museo del Prado, la Galleria Borghese e gli Uffizi, che apre un dialogo tra le opere di Giulio Romano e di altri Maestri come Tintoretto, Correggio, Jacopo Zucchi, Rubens, Nicolas Poussin fino al contemporaneo Giuseppe Penone.

L’esposizione parte dalla Camera dedicata al poeta latino, con la prima sezione, Le Favole di Ovidio, che mette in relazione gli affreschi di Giulio Romano con un importante corpus di disegni conservati al Louvre e all’Albertina, che l’artista realizzò sugli stessi temi, che si possono ammirare nella successiva Camera delle imprese.

Si prosegue poi nella Camera del Sole e della Luna con La ciclicità del tempo in cui, sotto l’affresco del soffitto con il carro di Apollo e della Luna, trova posto una copia di Tutti li libri de Ovidio Metamorphoseos tradutti dal litteral al verso vulgar con le sue allegorie in prosa et istoratio, importante documentazione editoriale ad opera di Niccolò Degli Agostini, prestigioso prestito della Biblioteca Nazionale Centrale. Il volume era presente nella biblioteca Gonzaga e realisticamente Giulio Romano lo consultò per avviare il ciclo di affreschi mantovani, come testimoniato da dettagli presenti in questa versione e non nell’originale latina.

La Sala dei Cavalli, la più grande del Palazzo, ospita la sezione Virtù, Eros e Potere, in cui le incisioni del maestro Adamo Scultori Ercole che strangola il leone Nemeo e Ercole e Anteo, provenienti dall’Istituto Centrale per la Grafica, dialogano con gli affreschi monocromi della sala che le hanno ispirate. Parallelamente la Danae di Correggio di Galleria Borghese, il Ratto di Ganimede e La favola di Leda di Eugenio Cajés del Prado evocano il ciclo degli Amori di Giove che Federico II Gonzaga aveva commissionato a Correggio in occasione del soggiorno di Carlo V a Mantova, per raccontare le vicende amorose del padre degli dèi. Altro capolavoro esposto nella sala è la Minerva e Aracne di Tintoretto proveniente dagli Uffizi.

Il racconto del mito di Amore e Psiche, rappresentato nella volta, viene messo a confronto con la versione di Jacopo Zucchi proveniente dalla Galleria Borghese che, con la stessa cura dei particolari, rappresenta ogni oggetto presente nella stanza dove si incontrano il dio e la bellissima giovane. Altro importante confronto evidenziato è quello tra l’affresco di Giove e Olimpiade e l’omonimo disegno di Giulio Romano dell’Albertina, scena che mostra concretamente la trasformazione della divinità.

La Sala dei Venti è teatro della parte del percorso intitolata Dal caos, al doppio, all’ibrido, alle metamorfosi in movimento è protagonista il mito di Narciso, con Narciso alla fonte di Boltraffio proveniente dagli Uffizi, e quello della ninfa Eco narrato da Salmace e Ermafrodite dello Scarsellino in prestito da Galleria Borghese.

La Camera delle Aquile che custodisce sulla volta la Caduta di Fetonte, è lo scenario ideale della sezione Superbia, Punizione, Violazioni. Qui, tra gli stucchi della volta, la metamorfosi assume il significato di strumento d’inganno usato dalle divinità dell’Olimpo per insidiare giovani ninfe, tema raccontato da Nettuno rapisce Anfitrite di Giulio Romano e il Ratto di Proserpina di Rubens proveniente dal Musée du Petit Palais di Parigi, e probabilmente ispirato dal suo soggiorno mantovano nel primo decennio del Seicento. Le Metamorfosi di Ovidio sono fonte di ispirazione anche per artisti contemporanei come Giuseppe Penone che nella sezione Perfomances della natura, nella natura presenta la sua Dafne in bronzo che cerca una sublimazione del mondo naturale e animale come la ninfa che per sfuggire alla violenza di Apollo si trasforma in pianta di alloro.

La sezione Dal mito alla storia antica ai trionfi propone un altro viaggio nel tempo con Aby Warburg di cui nella Camera degli Stucchi è visibile una foto della mostra del 1927, quando lo storico dell’arte amburghese progettò Ovid Austellung proprio partendo dalle Metamorfosi e studiando la sopravvivenza dell’Antico nell’arte del Rinascimento. I temi affrontati nelle sue tavole spaziano dall’inseguimento al rapimento, dalla morte sacrificale al sacrificio umano, dalla danza sacrificale al lamento funebre.

Dal Caos al Cosmo: il trionfo di Ovidio è la sezione conclusiva del percorso che, tra intrecci e rimandi diffusi in tutto il palazzo, vuole essere un omaggio a Ovidio stesso. L’importanza delle Metamorfosi, infatti, consiste nella radicale novità con cui il poeta – celebrato dal dipinto di Nicolas Poussin proveniente dalle Gallerie Nazionali di Arte Antica, Galleria Corsini in cui viene raffigurato il suo Trionfo nelle vesti di Giovan Battista Marino, il più grande poeta e letterato del Seicento – affronta l’argomento del mito che, dietro l’apparenza di favola, nasconde un alto significato morale.

 

 

(Foto by Matilde Sgarbi e Ufficio Stampa Fondazione Palazzo Te)



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